“Io sono stato un poeta che ha scritto un’autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell’impossibile, convinto che la vita ha un significato che ci sfugge. Ho bussato disperatamente come uno che attende una risposta.” (Eugenio Montale)
Una vita di poesia, una vita a raccontare la vita, a cercarne un senso profondo, inafferrabile, celato nella nostalgia, rincorso attraverso i versi. Tra le Iex Stories delle storie di eccellenza italiane dedicate ai grandi della letteratura italiana non può mancare la menzione al premio Nobel Eugenio Montale, alla sua poetica e alla sua penna, che ha incantato tutto il mondo.
Eugenio Montale: vita e opere di un poeta
Eugenio Montale nasce il 12 ottobre del 1896 a Genova, ultimo dei cinque figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, in una famiglia borghese. I problemi di salute dei genitori lo dirottano verso studi più sicuri, quelli tecnici: si diploma in ragioneria, ma non mette mai veramente da parte la primaria passione verso la letteratura. Studia da autodidatta, inserendo spazi dedicati ai classici nella sua quotidianità. Dante, Petrarca, Boccaccio e D’Annunzio: tutti i più grandi del passato lasciano un segno indelebile sulla sua formazione, così come lo lasceranno i luoghi delle vacanze trascorse insieme alla sua famiglia, quelli della Riviera Ligure di Levante, tra Monterosso al Mare e le Cinque Terre.
Il destino irrompe con tutta la sua forza nella vita di Montale, il giovane poeta di Ossi di Seppia già nel 1917. Montale viene arruolato nel 23° fanteria a Novara e chiede di essere inviato sul fronte di guerra dopo il periodo di addestramento. Dopo un anno di battaglie nei “Leoni di Liguria”, ottiene il congedo nel 1920 con il grado di tenente. Cominciano in questi anni le sue avventure amorose, arrivano gli incontri con le donne a cui dedicherà intensi versi: Anna degli Uberti, la protagonista di un insieme di poesie conosciute come “ciclo di Arletta”, e la peruviana Paola “Edda” Nicoli, la figura femminile cantata in Ossi di seppia e Le occasioni.
Nel 1925 è tra gli scrittori che sottoscrive il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Culturalmente non può accettare il regime, troppo distante dal suo modo di concepire il mondo, la vita, la poesia. Così, Montale si chiude in una sorta di reclusione che durerà per tutto il ventennio. Ma il ribaltone della democrazia non migliorerà le condizioni: Eugenio Montale non si sente rappresentato dai partiti di massa del suo tempo, come la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano.
Firenze e Milano diventano le sue patrie: in Toscana è redattore presso l’editore Bemporad, ma l’incontro con un’altra donna gli cambia la vita. Nel 1933 conosce Irma Brandeis, citata nelle sue opere con il nome di Clizia, che lo convince a trasferirsi a Milano, nel 1948. In Lombardia Montale scrive, tanto, e diventa redattore del Corriere della Sera e critico musicale per il Corriere d’informazione. Reportage culturali e letteratura anglo-americana, queste le sue specialità.
Il 23 luglio 1962, ad “appena” 66 anni, decide di mettere la testa a posto e sposa Drusilla Tanzi, sua convivente dal 1939, che morirà un anno dopo, lasciando nel poeta un vuoto incolmabile, raccontato in versi bellissimi. Tre Lauree honoris causa, la nomina di Senatore a Vita e il massimo riconoscimento in campo letterario, il Premio Nobel nel 1975, certificano la qualità eccellente della sua poesia. Dopo aver raccontato il senso della vita in poesia, Eugenio Montale muore a Milano il 12 settembre 1981, in seguito ad una vasculopatia cerebrale. Chiese di essere sepolto accanto all’amore della sua vita, Drusilla.
Eugenio Montale: poesie e poetica
Un’opera letteraria intensa, quella di Eugenio Montale, racchiusa nelle seguenti pubblicazioni:
Ossi di seppia, Torino, Gobetti, 1925.
La casa dei doganieri e altri versi, Firenze, Vallecchi, 1932.
Poesie, Firenze, Parenti, 1938.
Le occasioni, Torino, Einaudi, 1939.
Finisterre. Versi del 1940-42, Lugano, Collana di Lugano, 1943.
Quaderno di traduzioni, Milano, Edizioni della Meridiana, 1948.
La bufera e altro, Venezia, Neri Pozza, 1956.
Farfalla di Dinard, Venezia, Neri Pozza, 1956.
Xenia. 1964-1966, San Severino Marche, Bellabarba, 1966.
Auto da fé. Cronache in due tempi, Milano, Il Saggiatore, 1966.
Fuori di casa, Milano-Napoli, Ricciardi, 1969; Collana SIS, Mondadori, 1973; Oscar Moderni, Mondadori, 2017.
Satura, 1962-1970, Milano, A. Mondadori, 1971.
Nel nostro tempo, Milano, Rizzoli, 1972.
Diario del ’71 e del ’72, Milano, A. Mondadori, 1973.
Sulla poesia, Milano, A. Mondadori, 1976.
Quaderno di quattro anni, Milano, A. Mondadori, 1977.
Altri versi e poesie disperse, Milano, A. Mondadori, 1981.
Diario postumo. Prima parte: 30 poesie, Milano, A. Mondadori, 1991
Diario postumo. 66 poesie e altre, Milano, A. Mondadori, 1996.
Per Montale la poesia è ricerca della dignità di uomo, una modalità di comunicazione tra esseri alla ricerca del senso inafferrabile della vita. Indagine, questa la parola chiave per capire la poetica di Montale. Il poeta indaga i movimenti dell’uomo nella società contemporanea, un uomo alla ricerca disperata di una nuova dimensione, di un posto in questo “nuovo” mondo. Dimenticate le elevazioni spirituali della poesia classica, nei versi nostalgici ed ermetici di Montale, c’è tutto quello che “non siamo”, tra guerre, debolezze e fragilità quotidiane.
Tra le tante poesie di Eugenio Montale, resteranno indelebili i versi dedicati alla moglie Drusilla, “Ho sceso, dandoti il braccio”, una dichiarazione d’amore che attraversa i secoli e le generazioni di studenti.
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.”
La ricerca spasmodica del senso della vita. Versi come cocci aguzzi di bottiglia, che pungono le coscienze e scuotono il torpore di chi si accontenta della superficie. Un amore immortale, troppo grande per sopravvivere al breve tempo concesso agli uomini. Una penna che ha raccontato quanto pesa l’anima in un mondo che ne è rimasto privo.