“Il mondo è sempre stato salvato da chi guardava avanti.” (Franco Zeffirelli)
L’Italia piange la scomparsa di uno dei grandi del cinema internazionale. Franco Zeffirelli è morto, in questo giugno 2019, nella sua casa di Roma, a 96 anni. Uno sceneggiatore, un regista, un attore, uno che il cinema lo ha amato davvero, con tutto se stesso. Uno che non smetteva mai di guardare avanti. Il suo ultimo lavoro, una nuova Traviata che aprirà la stagione del Festival lirico all’Arena di Verona la prossima settimana, il 21 giugno. Ma c’era già un nuovo progetto in cantiere: il Rigoletto il cui debutto era previsto per il 17 settembre 2020 in Oman alla Royal Opera House di Muscat.
Franco Zeffirelli: vita e carriera
Oltre sessant’anni di carriera, spaziando tra le diverse forme d’arte: cinema, teatro, opera lirica. Gli esordi come attore, poi regista e scenografo sotto la guida di un altro grande, Luchino Visconti. Il suo adattamento cinematografico delle opere di William Shakespeare incantò il mondo, la giuria dei David di Donatello, che decise di assegnargliene cinque, ma soprattutto lasciò a bocca aperta perfino l’algida Regina Elisabetta, che decise di dare al regista l’appellativo di Sir. I suoi film sono noti per una spasmodica attenzione al dettaglio storico, ambientazione e costumi. Le sue opere liriche hanno fatto il giro del mondo: 800 volte i suoi spettacoli hanno calcato le scene del Metropolitan di New York.
Gli esordi
Con la sua città, Firenze, dove è nato il 12 febbraio 1923, ha sempre avuto un rapporto di amore e odio. Durante gli anni dell’alluvione girò, con Richard Burton, un documentario per raccogliere venti milioni di dollari per ricostruire la città. Per anni, però, Zeffirelli rifiutò il premio della città, il Fiorino, accettandolo solo nel 2013, quando l’allora sindaco Renzi glielo consegnò a tradimento. Forse Firenze gli ha sempre ricordato quella famiglia mancata, che ha segnato la sua infanzia: non riconosciuto dal padre, rimasto orfano di madre a 6 anni, Franco fu allevato da una coppia di cugini del padre. Il suo istitutore, Giorgio La Pira, sarebbe stato negli anni 50, padre della Costituente e amatissimo sindaco fiorentino. Il giovane Zeffirelli trascorse un periodo in istituti prima di debuttare a teatro con Luchino Visconti, firmando le scenografie per la prima italiana di Un tram che si chiama desiderio di Tennesee Williams.
Fu proprio Visconti ad avvicinare Zeffirelli al cinema, portandolo con sé sul set di due film: La terra trema e Senso. Da scenografo ad aiuto regista il passo fu breve. Negli anni Cinquanta, poi, Zeffirelli curò la regia di numerose opere teatrali, cominciando quel percorso di omaggio a Shakespeare che tanto piacque. Il debutto sul grande schermo arrivò nel 1957 con la commedia giovanile Camping. All’inizio il cinema sembrò semplicemente una parentesi nella sua vita dedicata al teatro: tornò dietro le quinte con La Cenerentola di Rossini e L’elisir d’amore di Donizzetti per La Scala, iniziando poi a lavorare all’estero al Covent Garden di Londra, al King’s Theater di Edimburgo.
Anni Sessanta e Settanta
Alla fine degli anni Sessanta, le sue opere più importanti diventarono film. Prima La bisbetica domata, nel 1967, magistralmente interpretato da Elizabeth Taylor e Richard Burton. Poi, nel 1968, il Romeo e Giulietta di Zeffirelli, lascia tutti di stucco. Un successo di botteghino dentro e fuori dai confini nazionali, girato negli studi romani Dinocittà di Dino De Laurentiis e premiato con gli Oscar per gli abiti di Danilo Donati e la fotografia di Peppino De Santis. Leonard Whiting (Romeo) aveva diciassette anni, Olivia Hussey (Giulietta) sedici, due adolescenti tra i quali si creò una chimica pazzesca. 40 milioni di dollari negli Stati Uniti, un incasso mai visto prima. Celebre la sequenza d’amore, in cui si intravede il seno della giovane Giulietta, tagliata per censura.
Gli anni Settanta sono quelli della svolta spirituale: nel 1971 firma la regia per Fratello sole, Sorella Luna, dedicato alle figure storiche e sacre di San Francesco e Santa Chiara. Poi, nel 1977, il kolossal tv su Gesù di Nazareth. Franco Zeffirelli curò anche la regia televisiva dell’apertura dell’Anno Santo nel 1974. Negli anni Ottanta un altro grande capolavoro: La Traviata di Zeffirelli, per teatro e cinema. Per metterla in scena, il regista utilizzò uno strumento cinematografico, il flashback. La cantante Teresa Stratas e il tenore Placido Domingo si trasformarono in due consumati attori per narrare la storia di Violetta. In quegli anni ci fu spazio anche per un film-biografia dedicato al giovane Toscanini, interpretato dall’attore americano C. Thomas Howell.
Anni Novanta e Duemila
Degli anni Novanta è l’Amleto di Franco Zeffirelli, interpretato dalla star australiana Mel Gibson e lavorato a fatica, come i più grandi capolavori. E poi fu la volta di Storia di una capinera: Zeffirelli ritrovò il suo amato Verga, quello vero e crudo. Degli stessi anni anche Jane Eyre di Zeffirelli per cui scelse la ventiquattrenne Charlotte Gainsbourg. Arrivò il tempo di firmare la regia della sua autobiografia cinematografica, Un tè con Mussolini: Zeffirelli mescolò ricordi personali, vicende inventate e qualche cenno storico della Firenze degli anni Trenta. La storia è quella di un figlio illegittimo, allevato da un gruppo di signore inglesi.
L’ultimo film di Franco Zeffirelli risale al 2001, l’indimenticato Callas Forever. Per il teatro il suo lavoro non si ferma: continua a produrre allestimenti tra cui i Pagliacci per il Teatro Filarmonico di Verona o La Bohème per il Met di New York. Come già detto, stava già prospettando nuove sfide per il futuro, quando ha lasciato il mondo orfano della sua arte. La sua eredità è fatta di grandi, immensi capolavori, come Il Campione di Zeffirelli o ancora la trasposizione cinematografica della Cavalleria Rusticana di Zeffirelli.
Un piccolo accenno alla vita privata: Zeffirelli è stato uno dei pochi artisti italiani a dichiarare e vivere apertamente la sua omosessualità. Non ebbe figli, ma decise di adottare due uomini, più che trentenni, per dargli il suo nome e gli ultimi anni di una vita straordinaria. Pippo e Luciano, figli di Zeffirelli, sono stati accanto all’artista fino all’ultimo respiro, sapendo restituire quell’amore che lui aveva incondizionatamente donato.
Dietro le quinte, dietro la macchina da presa. Una vita passata a dirigere, immaginare, raccontare, trasferire emozioni su pellicola, a muovere gli attori sulla scena, come un pittore con la sua tela. Tutto quello che gli era sempre mancato a livello affettivo e personale. Zeffirelli lo costruì in teatro e al cinema: il mondo dell’arte diventò il suo riscatto, la sua famiglia, quella famiglia da cui non si è mai sentito tradito e che oggi lo saluta così: Ciao Maestro.
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