Per molti secoli i monaci sono stati gli unici a possedere un laboratorio erboristico-farmaceutico in cui estraevano gli oli essenziali dalle erbe. Le loro dispense contenevano riserve di vino, di frutta e di granaglie; inoltre detenevano risorse finanziarie e mezzi tecnici per trasformare tali riserve in prodotti officinali e medicamentosi. L’intelligenza e lo spirito di osservazione, uniti all’ingegno, hanno fatto sì che le loro ricette venissero tramandate nei secoli . Ancora oggi continuano a essere oggetto di divulgazione del loro immenso sapere, ma anche fonte di reddito.
Sono stati i monaci provenienti dall’Egitto a portare in Italia la tecnica della distillazione, che era stata messa a punto dagli alchimisti islamici. Questi monaci misero a frutto le loro conoscenze per estrarre dalle erbe i principi attivi più puri i quali venivano uniti a conservanti più stabili e veicolanti come l’alcool, e consentivano di creare prodotti di altissimo effetto terapeutico.
Per secoli, infatti, l’utilizzo officinale è stato l’unico scopo della preparazione di questi prodotti alcolici.
A partire dall’800 nascono i primi liquori con proprietà toniche, digestive e balsamiche.
IL MERCATO MONASTICO ITALIANO
Ma vediamo quali sono i liquori e gli amari italiani prodotti dai monaci del Belpaese.
I Monaci trappisti di Frattocchie, vicino a Roma, producono l’Eucalittino, liquore ottenuto dalla macerazione di foglie di eucalipto, dalle forti proprietà digestive e balsamiche.
A Camaldoli, luogo di rara bellezza e carico di misticismo, i monaci producono nei locali sottostanti il Monastero vendono nell’antichissima farmacia, tanti prodotti medicali. Dal 1460 gli Speziali di Camaldoli iniziarono a produrre liquori a scopo medicamentoso, come la Lacrima di Abeto. Negli anni la produzione incrementò con l’aggiunta dell’Amaro Rabarbaro, del Laurus, dell’Elisir dell’Eremita, e dell’Amaro Tonico.
A Colico, in provincia di Lecco, c’è l’Abbazia di Santa Maria e San Nicolò. La sua liquoreria è un paradiso per buongustai, che qui trovano liquori e distillati, infusi di erbe e radici medicali aromatiche, prodotti dai monaci con le antiche ricette.
I monaci benedettini di Montevergine, in provincia di Avellino, da secoli producono sette pregiati liquori. Il più rinomato è l’Anthémis. Secondo un’antica leggenda una goccia di smeraldo sgorgava da una delle colonne del Tempio di Cibele, proprio dove intorno al 1100 sorse l’Abbazia di Montevergine e un giovane pastore irpino raccoglieva queste gocce per portarle a coloro che erano tristi e sfiduciati. In realtà queste gocce erano prodotte dallo stillare di alcune erbe cresciute sull’apice della colonna. Studiata la loro composizione, i monaci riuscirono a riprodurre la leggendaria goccia di smeraldo e la chiamarono Antehemis, oggi protagonista a Vinitaly.
I monaci circestensi della Certosa di Firenze producono ancora oggi i loro liquori con metodi antichi di distillazione a vapore con fuoco a legna, di infusione e di torchiatura, utilizzando erbe, fiori e radici da loro coltivate, raccolte e selezionate con cura. Le erbe vengono prima frantumate, miscelate e poi messe in infusione con alcool e acqua per un mese. L’infuso viene mescolato giornalmente per poterne estrarre al massimo le essenze; quindi vengono messe nel distillatore assieme al liquido. La sapiente esperienza dei monaci, dosando il fuoco e l’acqua di raffreddamento, permette che il prodotto distillato risulti di qualità eccellente. Quando la stagionatura è al punto giusto viene miscelata l’acqua e lo zucchero, aggiunto il distillato e il prodotto viene messo a stagionare in botti di rovere per almeno sei mesi, al termine dei quali viene filtrato e travasato in un’altra botte di rovere per altri tre mesi almeno. L’imbottigliamento viene eseguito con l’ausilio di una imbottigliatrice a mano e le bottiglie vengono chiuse con capsula metallica.