“Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare.” (Federico Fellini)
Una dichiarazione che ci dice già tutto sul cinema di Federico Fellini. 100 anni fa nasceva uno dei maestri del cinema tricolore, regista dei migliori film italiani. Su di lui è stato detto e scritto di tutto. Per descrivere il suo stile è stato coniato addirittura un aggettivo “Felliniano”, entrato nel vocabolario della lingua italiana.
Film di Fellini: le opere cinematografiche indimenticabili
Difficile scegliere, all’interno della vasta filmografia di Fellini, le migliori pellicole. Di sicuro c’è che il Fellini regista ha cambiato il mondo e non solo la storia del cinema. Dalle prime esperienze come sceneggiatore al comando della macchina da presa, fino alla conquista del premio più ambito per un cineasta, l’Oscar. Fare un tuffo nella filmografia Fellini vuol dire entrare in un mondo onirico, nell’immaginario Made in Italy per eccellenza.
8 E MEZZO, 1963
Federico Fellini: filmografia ricca e complessa. La pellicola che spicca su tutte, quella che ogni aspirante regista dovrebbe conoscere a memoria è 8 e mezzo. Un film sceneggiato da Ennio Flaiano, che diventa il capostipite del metacinema. Cinema che parla di cinema dunque, un regista che non riesce a fare il suo film e si affida ad un celebre psicanalista che apre spazi inconsci trasformati in scene indimenticabili. L’io diventa cinema e sul grande schermo scorrono pezzi della vita del Maestro: la Saraghina, la casa d’infanzia in Romagna, la mala educazione cattolica, l’incubo nel tunnel. Con Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale, Anouk Aimée, Sandra Milo, Barbara Steele va in scena la rappresentazione dell’anima, con colonna sonora di Nino Rota. Due gli Oscar vinti, pochi per un capolavoro che si conclude con il celebre monologo del protagonista Guido Anselmi: “E non mi fa più paura dire la verità, quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo, e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita: viviamola insieme! Non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri: accettami così come sono, se puoi. È l’unico modo per tentare di trovarci.”
LA DOLCE VITA, 1960
Migliori film Fellini? Non può mancare il film manifesto dello stile felliniano, magistralmente interpretato da Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Anouk Aimè>, Yvonne Furneaux, Alain Cuny, Annibale Ninchi. Il giornalista Marcello Rubini è tormentato da un’insopportabile noia di vivere. A fare da sfondo alla sua quotidianità c’è Roma, opulenta e caotica, bellissima ed eccessiva, magica e contraddittoria. Un mondo privo di valori viene portato all’attenzione del pubblico, si riconosce sullo schermo la decadenza del costume italico, tra episodi realmente accaduti e parentesi di invenzione. Nella memoria della storia del cinema resterà per sempre una scena-cult: la bella Anita immersa nella Fontana di Trevi e il sensuale richiamo al suo Marcello.
AMARCORD 1973
Tra i film di Fellini questo risulta essere il più apprezzato perché offre una chiave di lettura più accessibile al grande pubblico. Il titolo, univerbazione della frase romagnola “a m’arcord” (“io mi ricordo”) è diventato un neologismo della lingua italiana, con il significato di rievocazione in chiave nostalgica. E questo film è tutto basato sulla memoria di Fellini, che ricostruisce Rimini a Cinecittà e racconta la vita dell’antico borgo: le feste paesane, le adunate del “sabato fascista”, la scuola, i signori di città, i negozianti, il matto, l’avvocato, la donna alla ricerca di marito, i giovani e le loro passioni, fascisti e antifascisti. I luoghi della giovinezza felliniana fanno da sfondo ad una narrazione che non è triste nostalgia, ma briosa possibilità di immaginazione, di costruzione di un mondo in cui tutti possono riconoscersi.
I VITELLONI, 1953
Il primo successo internazionale di Federico Fellini: film che racconta la vicenda di Moraldo e dei suoi amici, allegro gruppo che passa il tempo tra scherzi e sollazzi. Alberto Sordi, Franco Fabrizi, Leopoldo Triste e il fratello di Federico, Riccardo, sono i vitelloni, peridigiorno oziosi di provincia. Vogliono andare via, ma alla fine è solo Moraldo a partire, in uno slancio di maturità e coraggio, proprio come Fellini, ragazzo di provincia diventato grande dopo aver attraversato i confini di una vita che sembrava già irrimediabilmente tracciata.
LA STRADA, 1954
L’Italia povera del dopoguerra e tre personaggi perfettamente caratterizzati: il forzuto Zampanò (Antony Queen) è l’anima bruta dell’esistenza; il Matto (Richard Basehart) è l’acrobata sensibile; Gelsomina (Giulietta Masina, moglie di Fellini) è la fragile innocenza, lo sguardo ingenuo e sognante del bambino. Insieme sono il circo di Fellini, le sue molteplici sfaccettature, tutte insieme, senza filtri. Un Fellini da Oscar.
LE NOTTI DI CABIRIA, 1957
Un’ingenua prostituta ansiosa di riscatto e cattolica incontra un uomo crudele dalla faccia buona. Il senso della pellicola si coglie bene nelle frasi di Federico Fellini: la protagonista è “Una creatura che vuole bene e che vorrebbe essere amata e vivere in un rapporto di lieta semplicità con gli altri.” Una creatura che, cerca ancora il bello, il buono del mondo, anche dopo tutti i dolori, le umiliazioni, le offese subite. E continuando a passeggiare, continua anche la sua personale ricerca della felicità.
ROMA, 1972
Più di un film, un documentario. Un ritratto colorato e brioso di Roma, dipinto da un giovane provinciale che arriva alla stazione Termini poco prima della seconda guerra mondiale. Fellini ci guida dall’alto alla scoperta delle insanabili contraddizioni della Capitale, divisa tra scandali e rigore, tra l’ipocrisia che si nasconde sotto gli abiti ecclesiastici e la poesia che abita silenziosa nelle case chiuse.
GINGER E FRED, 1986
Federico Fellini profetizza quanto sarebbe accaduto con l’avvento della televisione commerciale: l’emozione e la magia del film sacrificata a vantaggio della volgarità e della fame di denaro. Mastroianni e Masina interpretano due ballerini di tip tap invitati ad uno show natalizio di una televisione privata. L’esibizione delle due vecchie glorie si rivela ben presto uno spettacolo incentrato solo sulla figura del presentatore crudele ed egocentrico. Conta solo la pubblicità e il profitto, mentre sullo sfondo restano due vite che la ricerca della fama ha distrutto, a ritmo di tip tap.
LA VOCE DELLA LUNA, 1990
Nell’epoca del rumore questo film diventa un elogio del silenzio. Roberto Benigni e Paolo Villaggio sono i protagonisti di un viaggio lungo la Pianura Padana, ad inseguire sogni e cercare la luna in ogni pozzo. Due personaggi surreali, ma veri, che si trovano fuori contesto in un mondo che li vuole tutti perfettamente omologati, tristi attori seduti ad una tavola rotonda televisiva, uomini che non sanno più meravigliarsi.
IL BIDONE, 1955
Il viaggio nel cinema felliniano si conclude con una pellicola incompresa e stroncata dalla critica. Si tratta della storia di truffatori e ingannatori, gente che vive alla giornata, travestiti da preti che si muovono tra scenari di campagne e luoghi di perdizione. Una metafora dell’Italia che vive di inganno e corruzione. I bidonisti hanno messo a tacere le coscienze per vivere, o forse, solo per sopravvivere.
Autobiografico? Spesso. Visionario? Sempre. Malinconico a tratti, circense nelle ambientazioni, complesso nelle interpretazioni. Il cinema di Fellini è un caleidoscopio di colori e suoni, racconti personali e pezzi di Storia, è uno specchio deformante e deformato, è la vita, vissuta e mostrata in tutte le sue sfaccettature, con tutte le sue maschere, attraverso tutte le sue contraddizioni.