Un liquore gustosissimo, preparato tramite infusione a freddo di fiori, frutta, noccioli. Di questo tipico liquore abruzzese si parla già nel 1864, in un libro di ricette che consiglia il miglior modo per cucinare bene e spendere poco: Il cuoco pratico ed economo ossia l’arte di fare una buona cucina con poca spesa. Sono gli anni in cui la ratafià d’Abruzzo conosce grande fama e diffusione. Ancora oggi, a distanza di secoli, resta uno dei liquori abruzzesi più amati, e accanto agli amari italiani, si distingue per originalità e sapore.
Ratafià liquore, tra storia e leggenda
Originariamente la ratafià veniva preparato in casa, utilizzando un grande assortimento di frutti ed erbe, si andava dalle classiche ciliegie alle amarene, passando per caffè e fichi. Era il modo perfetto per concludere un pranzo aristocratico settecentesco. C’è da fare a questo punto una necessaria distinzione tra due tipologie di ratafià preparati e consumati sul territorio italiano. Uno è maschile, l’altra è femminile. Uno è del Nord, l’altra è del Centro.
Il ratafià di ciliegie viene prodotto tradizionalmente in Piemonte, ad Andorno Micca, e in Francia, a Grenoble (Le ratafia de champagne). Ad Andorno è ancora attiva una storica fabbrica, la “Cav. Giovanni Rapa” che prepara il ratafià dal 1880.
In Abruzzo, invece, si prepara la ratafià, a base di amarene e vino rosso di Montepulciano. Secondo la tradizione le amarene mature vengono poste insieme allo zucchero in recipienti di vetro e lasciate al sole per trenta giorni. Solo in seguito vengono aggiunte al vino rosso e lasciate macerare per almeno trenta giorni. Il liquore viene poi filtrato e imbottigliato.
Ma cosa ci dicono le leggende? Si narra che nell’anno Mille il liquore salvò dalla peste la popolazione di Andorno e la figlia del suo inventore, accusata di stregoneria, poté così sposare il giovane Armando Golzio, figlio del nemico numero uno di suo padre. La pace tra le famiglie venne ristabilita e il notaio ratificò il tutto con le parole: “Et sic res rata fiat”. “Rata fiat!” ripeterono a gran voce i presenti, assegnando di fatto al liquore il nome della locuzione latina.
Le tradizioni enogastronomiche raccontano di un luogo più del suo paesaggio. Come nel caso del liquore ratafià, insignito del riconoscimento come prodotto agroalimentare tradizionale italiano per la regione Abruzzo. La sua preparazione segue delle precise regole, rispettate dagli amanti di questo ratafià di visciole, amarene e ciliegie amarognole.
Il tipico colore rossastro del ratafià di ciliegie è dovuto alla presenza delle ciliegie e delle visciole, ma anche del rosso: il Montepulciano d’Abruzzo è uno dei vini più utilizzati per la preparazione di questo liquore. Si può gustare durante tutto il corso dell’anno e ha una gradazione alcolica che raramente supera i 22°. Il miglior modo per servirlo? Ad una temperatura compresa tra gli 8 e i 10 gradi.
Si consiglia di gustare la ratafià quando è ancora giovane, per apprezzarne al meglio gli aromi impiegati per la preparazione. Viene trattato come un liquore da dessert, da gustare in tutta la sua dolcezza, accanto ad un assaggio di dolci e pasticcini locali. Accompagna dolcemente la fine dei pasti, specialmente i più importanti, quelli condivisi con ospiti speciali o quelli delle festività da trascorrere in famiglia.
Ratafià liquore: ricetta
Ratafià: ricetta originale. Come si prepara il ratafià classico? Scopriamo insieme ingredienti e procedimento di preparazione dell’amato liquore da dessert abruzzese. Sono in molti a prepararlo ancora a casa, periodicamente, seguendo i dettami e i segreti della ricetta tradizionale.
Ingredienti
- 1 kg tra ciliegie nere;
- ciliegie selvatiche e amarene;
- 75 cl di grappa di buona qualità;
- 1/2 l di alcol per liquori;
- un pizzico di cannella;
- 800 g di zucchero;
- 400 g di acqua di fonte.
Procedimento
Tutto comincia con la scelta dei frutti, che devono essere ben maturi. Bisogna lavarli, asciugarli delicatamente con uno strofinaccio, togliere il picciolo e snocciolarli raccogliendo tutto il succo. La polpa va poi messa a macerare nella grappa per circa 40 giorni, all’interno di un vaso di vetro ben chiuso, che deve essere esposto al sole e scosso di tanto in tanto. I noccioli non vanno buttati, ma pestati nel mortaio e versato in un altro caso di vetro. Poi vanno coperti con l’alcool ed esposti al sole per 40 giorni. Trascorso quel periodo, è tempo di filtrare con un colino i noccioli e con un telo la frutta: spremete bene per ottenere la maggiore quantità possibile di succo. Procedete con la preparazione dello sciroppo: fate sciogliere lo zucchero nell’acqua e portate ad ebollizione. Quando il liquido diventa trasparente, togliete dal fuoco e fatelo raffreddare. Unite poi lo sciroppo ai due infusi alcolici ottenuti dai noccioli e dalla frutta, mescolate, imbottigliate e lasciate riposare almeno due mesi prima di gustare.
Un liquore che sancisce la pace, che mette fine ai dissapori, che riporta l’armonia. Un sorso di buon augurio, da gustare in compagnia. Il succo di ciliegie, visciole, amarene diventa un nettare prezioso che porta allegria e condivisione: e allora su i bicchieri e giù i pensieri!