La televisione è stata il primo mezzo di alfabetizzazione di massa: negli anni 50, quando l’apparecchio televisivo era presente solo in alcune case, fortunati salotti o bar del paese in cui si riunivano tutti per passare qualche ora diversa, per intrattenimento e per apprendere cose nuove.
Televisione italiana e alfabetizzazione
Si respirava finalmente aria leggera, negli anni post guerra, c’era voglia di vivere e rialzare la testa, assistendo alla rinascita economica, psicologica e culturale del Paese. In questo forte momento di cambiamento la televisione scelse un ruolo di guida e decise di puntare sulla conoscenza, sull’istruzione, sull’alfabetizzazione, sulla scolarizzazione.
In principio toccò al programma “TeleScuola”, in onda dal 25 novembre 1958, prendersi cura dell’Italia e dell’analfabetismo: per la prima volta in Europa venne trasmesso un vero corso di istruzione lungo quanto l’anno scolastico. Per risollevare il tasso di alfabetizzazione in Italia, agli ultimi posti nella classifica dell’analfabetismo mondiale.
Il 16 ottobre 1961, su richiesta del Ministero della Pubblica Istruzione, la Tv italiana di Stato iniziò i corsi televisivi per la prima classe della nuova Scuola Media Unificata. Le lezioni erano trasmesse quotidianamente dalle 8.30 alle 14.45 e seguite da 1200 classi televisive.
Dal 1960 al 1968 toccò poi a “Non è mai troppo tardi”, programma televisivo che insegnò a leggere e a scrivere a più un milione di italiani. Per otto anni il maestro Alberto Manzi in Non è mai troppo tardi fece da scuola serale a tanti italiani, lanciando di fatto, la prima campagna di alfabetizzazione in Italia.
A portare sulle spalle il peso di quest’obiettivo così importante era il maestro Manzi, un uomo dalla spiccata capacità comunicativa, che non conosceva affatto il mezzo televisivo quando partecipò alle selezioni, ma che fu capace di immergersi completamente nel contesto, senza risultare mai stonato. Durante le sue lezioni televisive l’insegnate parlava, disegnava, camminava, gesticolava.
Chi era Alberto Manzi: cenni biografici
Alberto Manzi è nato a Roma il 3 novembre 1924 a Pitigliano (Grosseto). Studia all’istituto nautico, ma si diploma anche all’istituto magistrale. L’esperienza della guerra in marina lo cambierà profondamente pesando sulla sua sclta di dedicarsi all’istruzione e di fare il maestro
Continua a studiare laureandosi prima in Biologia alla Facoltà di Scienze dell’Università di Roma, poi in Filosofia e Pedagogia. Dal 1946 al ’47 Manzi insegna nel carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma. Nel 1954 Manzi scrive Orzowei e vince il Premio “Firenze” per opere inedite del Centro Didattico Nazionale.Nel 1956 vince il Premio internazionale “H.C. Andersen” e Orzowei viene tradotto in 32 lingue.
Nell’estate del 1955 Manzi, che è anche studioso naturalista con laurea in Biologia e specializzazione in Geografia, riceve dall’Università di Ginevra un incarico per ricerche scientifiche nella foresta amazzonica. Ma la svolta arriva nel 1960, quando Alberto Manzi viene mandato dal suo direttore didattico a fare un provino alla Rai come maestro per una nuova trasmissione.
Così nasce “Non è mai troppo tardi”, considerato ancora oggi come uno dei più importanti esperimenti di educazione degli adulti, che ha contribuito notevolmente all’aumento del tasso di alfabetizzazione nel mondo e indicato dall’Unesco come uno dei migliori programmi televisivi per la lotta contro l’analfabetismo.
Per il suo impegno e la sua carriera, Manzi ha ricevuto anche numerosi riconoscimenti, come il Premio Collodi per il romanzo allora inedito Grogh, storia di un castoro (1948), pubblicato nel 1950 dalla Bompiani, e poi ancora il Premio Bardesoni, per la riduzione in commedia di Tupiriglio, pubblicato nel 1988. Nel 1962 fu anche nominato cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica italiana.
Nel 1994 Alberto Manzi accetta di candidarsi e viene eletto sindaco di Pitigliano, in provincia di Grosseto. Il 4 dicembre 1997 scompare a 73 anni.
Metodo di insegnamento del maestro Manzi
Il maestro Manzi rifiutava l’insegnamento nozionistico: le lezioni dovevano diventare per lui strumenti utili per capire il mondo, per imparare a rispettare gli altri e se stessi. Un metodo di insegnamento del tutto rivoluzionario, per l’epoca, ma anche oggi, se si pensa che si oppose fermamente anche alle schede di valutazione ufficiali. Il suo timbro era “Fa quel che può. Quel che non può non fa”, per il quale fu sospeso dall’insegnamento e dalla paga per alcune settimane.
Un futurista, che sosteneva già l’importanza di rispettare l’individualità di ogni alunno e di evitare una valutazione meramente numerica che avrebbe comportato semplicemente una classificazione dei ragazzi che li avrebbe messi in competizione tra loro. Per il maestro Manzi il voto era semplicemente un parametro limitativo, etichettante, nulla a che vedere con il reale valore di una persona.
Nel 2019 Rai Cultura e l’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna hanno dedicato all’insegnante italiano un ciclo in sei puntate: “Alberto Manzi. L’attualità di un maestro”, in onda dal 16 settembre alle 19.30 su Rai Scuola e disponibili anche su RaiPlay con l’obiettivo di riproporre alle scuole italiane il suo approccio pedagogico e didattico.
Molto più di un maestro, una guida per gli italiani in un momento di rinascita e cambiamento: Alberto Manzi nel suo “Non è mai troppo tardi” non si limitò ad insegnare agli italiani a leggere e scrivere, li avvicinò in modo affascinante ed educativo al mondo della cultura.