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“Se tuo figlio scrive versi, correggilo e mandalo per la strada dei monti. Se lo trovi nella poesia la seconda volta, puniscilo ancora. Se lo fa la terza volta, lascialo in pace perché è un poeta”. Le parole commosse di Grazia Deledda, scrittrice italiana del Novecento, mentre ringrazia per il Premio Nobel per la letteratura nel 1926, fotografano bene la difficile situazione di uno scrittore ai suoi tempi, in particolar modo se donna. Sono passati 92 anni da quel giorno, da quando una scrittrice italiana venne insignita del massimo riconoscimento possibile a livello mondiale. IEX Stories oggi racconta la storia di una minuta donna sarda, che riuscì a conquistare il mondo con la sua penna.
La biografia di Grazia Deledda
Grazia Deledda nasce a Nuoro il 28 settembre 1871. Come la maggior parte delle famiglie in quell’epoca, anche la sua è una famiglia numerosa: lei è la quinta di sette tra figli e figlie. I suoi genitori sono benestanti e possono permettersi un precettore che la guiderà nella formazione da autodidatta dopo la quarta elementare. Poi giunsero le tragedie familiari, una dopo l’altra: il fratello maggiore, Santus, abbandonò gli studi e divenne un alcolizzato, il più giovane, Andrea, fu arrestato per furti. Il padre morì quando Grazia aveva solo 21 anni e la famiglia si ritrovò ad abbandonare gli agi economici di un tempo. Poi scomparve anche la sorella Vincenza. Ma la tenace Grazia Deledda seppe fare di cotanto dolore il motore per andare avanti nella passione per la scrittura che l’aveva portata a pubblicare, all’età di quindici anni, la sua prima novella su un giornale nuorese. Nell’ottobre del 1899 la scrittrice si trasferisce a Roma insieme al marito Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze, da cui ebbe due figli. Un tumore al seno fu la causa della sua morte avvenuta nell’agosto del 1936.
Le opere di Grazia Deledda
Nel 1888 comincia la carriera da scrittrice di Grazia Deledda con la pubblicazione di alcuni suoi racconti, Sangue sardo e Remigia Helder, pubblicati dall’editore Edoardo Perino sulla rivista “L’ultima moda”. Le pagine della stessa rivista accoglieranno poi il primo suo romanzo a puntate, Memorie di Fernanda. Nonostante le numerose critiche ricevute da chi non vede di buon occhio fare della scrittura un mestiere, Grazia continua a produrre opere che hanno fatto la storia della letteratura italiana: nel 1890 esce a puntate sul quotidiano di Cagliari L’avvenire della Sardegna, il romanzo Stella d’Oriente, e a Milano, presso l’editore Trevisini, Nell’azzurro, un libro di novelle per l’infanzia. Scrittrice sì, ma non solo di romanzi: alla fine del Novecento vengono pubblicate anche le prime poesie di Grazia Deledda, raccolte in Paesaggi Sardi.
I libri di Grazia Deledda: i romanzi sardi che hanno conquistato il mondo
“Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombre dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza. Avrò tra poco vent’anni, a trenta voglio avere raggiunto il mio sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda.” Questo era il desiderio più grande di Grazia Deledda e lentamente quel desiderio diventa realtà. La sua narrativa di stampo verista racconta di passioni primitive vissute nella selvaggia terra sarda, bella e misteriosa, difficile da comprendere, ma che attraverso la sua penna si offre piacevolmente agli occhi curiosi del mondo. Una piccola donna, piccola come le donne della sua Sardegna, sfida i grandi intellettuali del Novecento con romanzi ed opere teatrali di grande successo.
Canne al vento, 1913
Lo si immagina così l’aspro ed essenziale paesaggio di Sardegna. Il titolo riesce a dipingere perfettamente lo sfondo sul quale si animano le vicende dei personaggi creati dalla fantasia di Grazia Deledda. Le canne al vento, elemento caratteristico dell’isola dei quattro mori, simboleggiano anche la fragilità dell’uomo davanti al fato. Eppure, proprio come la canna con il vento, l’uomo si piega al volere della sorte, ma spesso vi si oppone con un’ugual forza per provare a cambiare il suo destino. Quello di Grazia Deledda sembrava già scritto: una donna che deve pensare solo a casa e famiglia. Lei dimostrò che oltre ogni società patriarcale il suo destino lo avrebbe scritto da sé.
La madre, 1920
Sfida la morale quest’opera della Deledda in cui un giovane sacerdote si innamora di una donna sola. La figura centrale è quella della madre di Paulo, che si accorge dei turbamenti amorosi del ragazzo e prova a riportarlo sulla retta via: è un parroco e non può cedere alle tentazioni, al peccato, come tutti gli uomini comuni. La relazione deve essere immediatamente troncata. Di tutt’altro avviso è Agnese, l’amante, che vistasi rifiutata, promette di rivelare pubblicamente la loro relazione durante la messa della Domenica. La tensione durante il rito cresce al punto da provocare la morte della madre. Fede e Peccato, Passione e Morte: il talento di Grazia Deledda mescola abilmente temi così ostici e consegna alla Storia perle di letteratura.
La via del Male, 1896
Con questo romanzo Grazia Deledda abbraccia il movimento verista e ottiene i complimenti di Luigi Capuana, uno dei massimi esponenti della corrente. Protagonista è, ancora una volta, la rocciosa terra di Sardegna e i suoi uomini, primitivi e taciturni, sempre in lotta contro un destino avverso, turbati da passioni violente e chiusi nelle loro credenze e tradizioni. Come pendoli impazziti oscillano tra Amore e Odio, estremi di una vita che non conosce riposo o senso, ma solo battito.
Cenere, 1904
Olì, una giovane donna incontra un uomo sposato del quale si innamora e con cui concepisce un figlio, Anania. Il disonore, l’onta provocata alla famiglia la portano fuori di casa e dopo sette anni si decide ad affidare la sua creatura al padre nel tentativo di dargli una vita più dignitosa. Grazia Deledda racconta le donne, fortissimamente fragili e il legame indissolubile tra madre e figlio. Perché il più sacro vincolo che esista non può essere cancellato da nessuna legge morale.
Elias Portolu, 1903
Una vita nuova, una pagina bianca da scrivere. Elias, pastore della Barbagia, torna a casa dopo aver scontato la pena in carcere. Ma i suoi occhi incrociano fatalmente quelli di sua cognata Maddalena, moglie di suo fratello Pietro. Elias fugge dal peccato commesso prendendo i voti e non riconoscendo il figlio nato dall’adulterio. Si può sempre rinunciare a tutto per vivere una passione?
Grazia Deledda, Premio Nobel per la Letteratura
Quella piccola donna sarda era riuscita ad entrare nel cuore della critica letteraria italiana ed estera. Così, il 10 dicembre 1926 successe qualcosa di inaspettato, insolito e assolutamente impensabile per l’epoca: a Grazia Deledda venne assegnato il premio Nobel per la Letteratura, il più alto riconoscimento, «per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano». Tra le grandi voci narranti del Novecento la sua di piccola donna sarda si fece sentire con più potenza, coprì tutte le altre, e si collocò nell’olimpo della scrittura mondiale. Grazia Deledda vinse il Nobel per tutte le donne italiane, riscattandone i sacrifici, le rinunce, il ruolo relegato di mogli e madri senza ambizioni. Con la forza della verità e l’amore per la sua terra, la Deledda arrivò lì dove nessun’altra scrittrice italiana è mai arrivata. E scrisse la sua immortale storia d’eccellenza.
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