“Perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi la passione.” (Apuleio) La favola d’Amore più famosa di tutti i tempi, un sentimento che non conosce confini, che attraversa le epoche e supera gli ostacoli. Perché l’Amore che vince su tutto ha tanti nomi, ma un solo, universale, simbolo: l’abbraccio eternizzato dal talento di Antonio Canova, la carezza immortale di Amore e Psiche.
Il mito di Amore e Psiche: l’amore messo alla prova
Ad ispirare la celebre statua realizzata dallo scultore italiani fu una delle leggende d’amore più belle di sempre. Lo scrittore latino Apuleio la scrisse nelle sue “Metamorfosi” nel II secolo d.C. I protagonisti di questa storia immortale sono il Dio Amore (Cupido) e la principessa Psiche. Una ragazza bella, talmente tanto bella, che non esistono parole che riescano a descriverne l’avvenenza. Una fanciulla così seducente da scatenare la gelosia della dea della Bellezza per antonomasia, l’iraconda Venere. L’incantevole divinità decide di punire la fanciulla per il reato di “oltraggio alla bellezza superiore” e invia presso di lei il figlio Amore con un compito preciso: colpire Psiche con le sue frecce fatali e farla innamorare dell’uomo più brutto mai esistito sulla faccia della terra.
Confuso dalla beltà della donna, il povero Cupido sbaglia destinazione della freccia e si colpisce da solo: finisce per innamorarsi perdutamente della splendida Psiche. Come tutti i ragazzi che hanno disobbedito ai genitori, la prima cosa che si chiede Amore è: “E ora chi glielo dice a mamma?”. Cosi il giovane dio decide semplicemente di non dire nulla e fa in modo che Psiche arrivi al suo palazzo, nascondendo la sua vera identità e celando le sue fattezze per non essere riconosciuto. Il mistero e il sentimento fanno il resto, così tra i due scoppia la passione, ripetutamente. Gli incontri sono frequenti, ma Psiche continua a non conoscere “l’uomo” con cui passa le sue notti “divine”.
Sono le sorelle della fanciulla a scatenare in lei l’ardente desiderio di conoscere l’identità del misterioso amante e una notte Psiche, silenziosa e curiosa, illumina il volto del dio dormiente. Una furtiva goccia della lampada ad olio che sta sorreggendo, però, scivola sulla pelle dell’inerte Amore che scopre l’amata a spiarlo e deluso e arrabbiato decide di troncare la relazione e andare via. Le pene d’Amore ben sa chi le prova: Psiche affranta tenta il suicidio, poi comincia a vagare per la terra alla ricerca del perduto Amore. L’estrema possibilità le balena in mente: chiedere aiuto proprio a colei che rappresenta il massimo ostacolo, Venere. Sicura del fallimento della ragazza, la dea della Bellezza decide di sottoporla ad alcune durissime prove. L’innamorata le supera tutte, fino all’ultima, la più difficile: scendere negli Inferi per chiedere alla dea Proserpina un’ampolla contenente un po’ della sua bellezza. Anche stavolta la curiosità ha la meglio sulla forza di volontà della giovane che apre il vasetto, contravvenendo agli ordini ricevuti. Scatta la trappola di Venere: all’interno dell’ampolla c’è un’aria soporifera che getta Psiche in un profondissimo sonno.
La bellissima fanciulla non è l’unica a soffrire: in Amore il sentimento è diventato una ferita pulsante, l’assenza dell’amata brucia come un’insopportabile lacerazione. Cupido corre in aiuto di Psiche e la risveglia con una delle sue frecce. Un piccolo rimprovero per quella curiosità che ancora una volta ha rischiato di esserle fatale e poi un abbraccio intenso, indimenticabile. Per essere finalmente liberi di amarsi i due chiedono aiuto a Giove che acconsente all’unione. Un sorso di ambrosia per diventare una dea e finalmente il matrimonio sull’Olimpo può essere celebrato. Un Amore così intenso, così pieno, che si condensa nella nascita di una figlia dal nome profetico: Voluttà.
Il gruppo scultoreo di Amore e Psiche: il capolavoro di Antonio Canova
Un mito, quello di Amore e Psiche, che ha incantato centinaia di generazioni, e che ha colpito anche l’estro creativo di Antonio Canova, scultore italiano, massimo esponente del Neoclassicismo. Una sola richiesta aveva ricevuto dal committente colonnello John Campbell nel 1788: la realizzazione di un gruppo scultoreo raffigurante «Amore e Psiche che si abbracciano: momento di azione cavato dalla favola dell’Asino d’oro di Apuleio». Ispirandosi ad un dipinto con Fauno e Baccante proveniente da Ercolano, Canova scelse di scolpire il momento del risveglio di Psiche dopo il sonno infernale. Come ogni principessa protagonista di una favola, anche la bella Psiche viene qui risvegliata dal suo “vero Amore” con un languido bacio. Una “licenza poetica” rispetto alla versione originale, per aggiungere maggiore passione alla storia d’amore più bella di sempre.
Come un novello regista, Antonio Canova scelse il momento esatto da immortalare: l’attimo prima del bacio. Amore tiene tra le braccia l’amata e la sorregge, lei lo avvicina tenendogli la testa. Le loro labbra sono ad un passo dallo sfiorarsi, bloccate per l’eternità nel preciso istante in cui si condensa tutto il desiderio, tutta la passione, tutto l’amore. Cupido è corso a salvare l’amata, ha il ginocchio sinistro a terra e con la mano destra le regge il seno, in un gesto sensuale, ma non osceno.
Le ali del giovane dio sono ancora spiegate, a testimonianza del volo incauto e precipitoso che Amore ha affrontato per raggiungere in fretta la ragazza. Solo un piccolo velo copre il ventre di Psiche, come nella miglior tradizione classica che prediligeva statue totalmente nude, perfette per far risaltare tutte le forme scolpite nel marmo. I movimenti delle due statue formano una croce appena accennata: dall’ala destra di Amore al suo piede sinistro, dall’ala sinistra di Amore al piede di Psiche. Un intreccio indissolubile, inevitabile, eterno. Proprio nel centro, lì dove le due linee si incontrano, c’è il punto focale di tutta l’opera, dove cade lo sguardo dello spettatore: nell’incontro che sta per avvenire tra le due bocche. Ma il gruppo scultoreo di Canova non racconta solo un bacio, ma l’intera leggenda. Lo scultore la realizzò a tutto tondo, osservabile da ogni angolazione e ricca di dettagli: dietro ai due innamorati ci sono la faretra e le frecce di Amore, i lunghissimi capelli di Psiche e quel piccolo pericoloso vaso.
Nel 1793 la statua era terminata, ma il colonnello Campbell non riuscì a farla trasportare in Inghilterra, ne approfittò Gioacchino Murat, che se la portò a Parigi. Nel 1808 l’opera divenne proprietà dello Stato francese e oggi possiamo ammirarla al Louvre, proprio accanto ad una grande finestra, in una posizione strategica, illuminata da un fascio di luce che si infila esattamente lì, nel magico abbraccio tra i due innamorati.
Antonio Canova, eccellenza italiana della scultura, ha regalato al mondo un capolavoro di rara bellezza, ha saputo tirare fuori il calore della passione da un blocco di freddo e gelido marmo, ha fissato per l’eternità l’attimo prima del bacio, quell’attimo in cui tutto è ancora possibile.