Il 29 giugno scorso, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Decreto Crescita (D.L. 30 aprile 2019, n. 34) è diventato legge.
Tutela del marchio Made in Italy, contrasto all’Italian sounding e nuove agevolazioni per le imprese: sono queste alcune delle novità diventate ufficiali con l’approvazione definitiva della legge di conversione del Decreto Crescita 2019.
Tra le misura approvate da Camera e Senato è stata prevista l’istituzione di una sezione ad hoc presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del Registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale, al quale potranno iscriversi i titolari o licenziatari di marchi d’impresa registrati da almeno 50 anni, o utilizzati in via continuativa per pari periodo.
Non solo: nella legge di conversione del Decreto Crescita sono state inserite misure per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per arginare il fenomeno della delocalizzazione di imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale.
Novità specifiche per contrastare il fenomeno dell’Italian Sounding, ovvero la falsa evocazione dell’origine italiana di prodotti. Alle imprese che operano in mercati esteri per la tutela del marchio Made in Italy sarà riconosciuta un’agevolazione pari al 50% delle spese sostenute per la tutela legale dei propri prodotti, nonché per realizzare campagne informative e di comunicazione per l’identificazione dei prodotti di eccellenze italiane, proprio quelli di cui parla IEX.
Tra le nuove agevolazioni viene introdotto anche un incentivo concesso dal MISE volto a sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi o di certificazione volontari italiani da parte di associazioni rappresentative di categoria.
Misure per le quali saranno tuttavia necessari più decreti attuativi e che quindi, dopo l’ok definitivo alla legge di conversione del Decreto Crescita 2019, saranno in standby temporaneo.
La normativa nazionale del “Made in Italy” deve inoltre scontrarsi con quella comunitaria, orientata principalmente a valorizzare il mercato unico e il principio di libera circolazione delle merci.
MADE IN ITALY: la NORMATIVA INTERNAZIONALE
Sul piano internazionale, l’Italia aderisce all’Accordo di Madrid del 1981. Quest’ultimo sancisce l’obbligo di “indicazione precisa ed in caratteri evidenti del paese o del luogo di fabbricazione o di produzione“.
Nel recepire questo accordo internazionale nell’ordinamento italiano, il D.P.R. n. 656/1958 si è limitato ad introdurre il fermo amministrativo a cura degli uffici doganali delle merci per le quali vi sia il fondato sospetto che rechino una falsa o fallace indicazione di provenienza.
In sostanza, mentre la normativa internazionale sembra imporre l’obbligo di fornire al consumatore l’indicazione dell’origine del prodotto, le norme di recepimento interne si limitano a vietare inganni mediante indicazioni false o fallaci sulla provenienza.
MADE IN ITALY: lA NORMATIVA COMUNITARIA
Il “Made in” di un prodotto viene comunemente definito marchio di origine. Il concetto di origine non deve essere confuso con quello di provenienza di un bene. Quest’ultima indica il luogo da cui un bene viene spedito, mentre l’origine indica il luogo di produzione.
L’apposizione del marchio d’origine “Made in Italy” dovrebbe dunque significare che un bene è stato prodotto in Italia. Purtroppo per il valore del nostro “Made in”, questo è vero solo in parte e spesso anche prodotti forgiati quasi interamente all’estero possono apporre il marchio “Made in Italy”.
Per determinare il Paese di origine di un prodotto, occorre riferirsi alla normativa europea in materia di origine non preferenziale del prodotto. Per determinare l’origine doganale non preferenziale di un prodotto possono applicarsi i due seguenti criteri, contenuti all’art. 60 del Codice Doganale dell’Unione.