Il 17 novembre del 2005, dopo ben 71 anni, il Senato Italiano lo ha reso ufficiale: l’inno di Mameli è diventato l’inno nazionale della Repubblica italiana. C’è chi lo canta a squarciagola prima delle partite della Nazionale di Calcio o nelle occasioni ufficiali, c’è chi lo conosce poco e chi vorrebbe saperne di più. Oggi Iex – Italian’s Excellence vi racconta le origini e il significato dell’inno Fratelli d’Italia.
Inno Fratelli D’Italia: storia e curiosità
L’inno italiano fu scritto da Goffredo Mameli il 10 settembre del 1847. Il genovese compose la canzone Fratelli d’Italia in occasione di una protesta sulle riforme e sulla Guardia civica. Per scrivere il testo, Mameli, accanito sostenitore della Rivoluzione francese, si ispirò al motto Liberté, Égalité, Fraternité e alla Marsigliese. Mameli inviò il testo a Torino al maestro Michele Novaro che ne musicò il testo. Quello che viene anche chiamato come il Canto degli italiani fu suonato per la prima volta in occasione di una commemorazione della rivolta nel quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici durante la guerra di successione austriaca.
Giuseppe Mazzini lo considerava troppo poco marziale e così commissionò a Mameli un nuovo brano dal titolo Suona la tromba, dando a Verdi l’incarico di musicarlo. Ma nemmeno la nuova versione lo convinse, quindi durante il Risorgimento l’inno d’Italia in versione originaledivenne molto popolare, ma dopo l’unità d’Italia fu soppiantato dalla Marcia Reale, brano ufficiale di casa Savoia. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il governo italiano adottò provvisoriamente come inno nazionale La canzone del Piave ma l’inno di Mameli aveva ormai contagiato tutti. Il 12 ottobre 1946 Fratelli d’Italia venne quindi adottato dal Consiglio dei ministri come inno “provvisorio”.
Inno d’Italia: testo e spiegazione
Lo cantiamo spesso e volentieri, ma ne conosciamo davvero il significato? Ecco l’inno italiano, testo e spiegazione accurata, strofa per strofa.
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Publio Cornelio Scipione l’Africano fu un generale e uomo politico romano, che vinse i Cartaginesi di Annibale a Zama, ponendo fine alla seconda guerra punica. L’elmo di Scipio, dunque, viene utilizzato come metafora delle gesta eroiche e valorose degli antichi Romani, mentre l’Italia si accinge a cominciare la guerra d’indipendenza dall’Austria.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
In questo passaggio del testo ci si riferisce all’antica usanza di tagliare i capelli alle schiave per distinguerle dalle donne libere che avevano i capelli lunghi. La Dea Vittoria, dalla lunga chioma, deve quindi porgere i suoi capelli e accettare di farseli tagliare in segno di sottomissione a Roma, quindi all’Italia. In poche parole: è destino che vincano gli italiani.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
La coorte era un’unità da combattimento dell’esercito romano, composta da 600 uomini. L’esortazione spinge a presentarsi senza indugio alle armi, a rimanere uniti e compatti, essendo pronti a morire per la patria, per liberarsi dall’oppressore straniero.
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Si tratta di un richiamo al desiderio di raccogliersi sotto un’unica bandiera: speranza (speme) di unità e di ideali condivisi per un’Italia, quella del 1848, ancora divisa in sette Stati (Regno delle due Sicilie, Stato Pontificio, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Regno Lombardo-Veneto, Ducato di Parma, Ducato di Modena).
Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Mameli sosteneva il pensiero di Mazzini ed esprime in questa strofa il disegno politico della “Giovine Italia”: arrivare alla formazione della Repubblica, attraverso l’unione di tutti gli Stati italiani. Come? Attraverso Dio, sostenitore dei popoli oppressi.
Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
La battaglia di Legnano, del 1176, vide la Lega Lombarda, sotto la guida di Alberto da Giussano, sconfiggere Federico I di Svevia, il Barbarossa. L’imperatore, che era sceso in Italia per affermare la sua autorità, fu costretto a rinunciare alle sue pretese di supremazia, scendendo a patti con le città lombarde.
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano.
Qui si fa riferimento all’eroica difesa della Repubblica di Firenze assediata dall’esercito imperiale di Carlo V d’Asburgo nel 1530. In quell’occasione il capitano Francesco Ferrucci venne ferito a morte, e ucciso poi da Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura al soldo dell’esercito imperiale. Da qui deriva la celebre frase: “Tu uccidi un uomo morto”.
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Balilla era il soprannome dato ad un fanciullo, un certo Gianbattista Perasso, che il 5 dicembre 1746 scagliò una pietra contro un ufficiale, dando il via alla rivolta che portò alla liberazione della città di Genova contro la coalizione austro-piemontese. Nell’inno d’Italia Mameli voleva dunque richiamare il coraggio del leggendario ragazzo.
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
“Il suon d’ogni squilla” significa “il suono di ogni campana” e si riferisce al moto dei “Vespri Siciliani”, quando la Sicilia insorse dopo 16 anni di dominio angioino (francese) e si consegnò agli aragonesi (spagnoli). Nell’ora dei vespri del lunedì di Pasqua del 31 marzo 1282 tutte le campane si misero a suonare: era il segnale per l’insurrezione contro i francesi.
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
L’Austria degli Asburgo, simboleggiata dall’aquila bicipite, stava conoscendo un momento di forte declino e Mameli esorta le genti italiche ad unirsi e dare il colpo di grazia alla dominazione austriaca, liberandosene come aveva intenzione di fare la Polonia. I sangue dei due popoli versato per la patria poteva bruciare il cuore austriaco.
Mano sul petto, lì, a sinistra, dove sotto batte il cuore. Voce forte per urlare ogni parola, affinché arrivi il più lontano possibile. Ed è commozione e orgoglio, già dalla prima nota, in un crescendo di patriottismo, fino alla liberatoria risposta finale. L’Italia chiamò. Sì.
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