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Giovanni Gasparro è uno dei nomi più brillanti e affermati della scena pittorica contemporanea italiana, un artista capace di fondere tradizione e modernità attraverso un linguaggio pittorico unico e inconfondibile, una vera eccellenza italiana. Nato a Bari il 22 ottobre 1983, Gasparro si è formato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove ha avuto l’opportunità di studiare sotto la guida del pittore Giuseppe Modica. La sua passione per la storia dell’arte lo ha portato ad approfondire, in particolare, il soggiorno romano del grande Van Dyck, da cui ha tratto ispirazione per la propria evoluzione artistica. Il suo talento è emerso fin dai primi anni di attività ed è stato riconosciuto a livello internazionale con il suo dipinto “Ultima cena“, che ha trovato spazio nel film “Saturno contro” di Ferzan Ozpetek.
La sua carriera ha avuto una svolta decisiva nel 2009 con la prima mostra personale a Parigi, e nel 2011 l’Arcidiocesi dell’Aquila gli ha commissionato un imponente ciclo pittorico di diciannove opere per la Basilica di San Giuseppe Artigiano, segnando uno dei più importanti contributi all’arte sacra contemporanea. Non solo pittore, Gasparro ha lasciato il suo segno anche in contesti inaspettati: nel 2012, la sua opera “Anomalia con il cappello di Largillière” ha trovato posto nella decorazione della Costa Fascinosa, la più grande nave da crociera d’Europa.
Con un’attenzione costante ai temi sociali ed etici, Gasparro ha vinto nel 2013 il Bioethics Art Competition, istituito dalla cattedra UNESCO in bioetica e diritti umani, grazie alla sua opera “Casti connubii”, una potente riflessione contro l’aborto. Tale riconoscimento ha portato le sue opere ad essere esposte in città come Hong Kong, Houston e Città del Messico. La sua versatilità e profonda ricerca artistica lo hanno portato a confrontarsi con i grandi maestri del passato in esposizioni nazionali e internazionali di grande prestigio, dalla Biennale di Venezia alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, fino al Grand Palais di Parigi e alla Stadtgalerie di Kiel in Germania.
Le sue opere sono oggi parte di collezioni pubbliche e private di rilievo sia in Europa che negli Stati Uniti, così come in numerose chiese e basiliche in Italia e all’estero. Tra i suoi più recenti traguardi, la vittoria del Premio 100 Eccellenze Italiane in Campidoglio, la realizzazione del ritratto del Re di Spagna Felipe VI per la Reale Pontificia Basilica di San Giacomo degli Spagnoli a Napoli e, nel 2022, il debutto come scenografo con la “Tosca” di Giacomo Puccini al Teatro Coccia di Novara. Nel 2024 il pittore è stato incaricato di realizzare il drappellone per il celebre Palio di Siena di luglio, un onore riservato solo ai pittori italiani e stranieri di riconosciuta fama internazionale.
Intervista al pittore Giovanni Gasparro: il presente e il futuro dell’arte contemporanea tra ispirazioni, opere e progetti
L’intervista che segue offre uno sguardo intimo sull’uomo e sull’artista, un’occasione unica per scoprire le riflessioni, i pensieri e le motivazioni dietro una delle personalità più interessanti del panorama artistico contemporaneo. Un incontro con l’arte di Giovanni Gasparro è un viaggio attraverso la bellezza, l’impegno e la spiritualità, valori che caratterizzano ogni sua opera.
Il suo stile pittorico è spesso descritto come profondamente figurativo e drammatico. Da dove nasce questa scelta espressiva?
Ho incanalato ogni mio sforzo creativo, sin da subito, verso la figurazione. Persino nello studio degli autori contemporanei, ho guardato con particolare acribia ai pittori ed agli scultori figurativi. Per me è una esigenza espressiva irrinunciabile, perché mi permette di esplicitare con maggiore vividezza un determinato messaggio, una storia, l’emozione di un sentimento. Non mi sarebbe possibile farlo con l’astrazione o con altri linguaggi artistici. La drammaticità di alcune scene è anch’essa funzionale alla narrazione. Nulla a che fare con il truce tanto in voga, a mio avviso, come in alcune forme pittoriche in cui il dramma appare forzatamente ostentato e poco autentico.
Qual è stata la sua formazione artistica e come ha influenzato la sua carriera?
La mia formazione artistica è stata quella canonica, ovvero Liceo Artistico ed Accademia di Belle Arti. Al liceo frequentavo un corso sperimentale che formava futuri restauratori. Pertanto, avevo pochissime ore di discipline artistiche e molte di materie scientifiche ed umanistiche applicate al restauro, com’è inteso nella modernità. Questo mi ha permesso di avere un approccio di grande rigore allo studio ed alla sperimentazione materica, volto anche alla tutela delle mie stesse opere o a conoscere i procedimenti tecnici degli antichi, per farli miei. Dopo questi studi ha prevalso l’anelito creativo che la disciplina scientifica del restauro, invece, avrebbe totalmente azzerato. Così decisi di dedicarmi esclusivamente alla pittura, iscrivendomi in Accademia, a Roma.
Molte delle sue opere trattano temi religiosi. Cosa l’ha ispirata a esplorare la spiritualità attraverso l’arte?
Molto banalmente ho iniziato a dipingere soggetti sacri, sin dagli inizi, essendo attratto dalle narrazioni vetero e neo testamentarie o dalle vite dei santi, in quanto cattolico. Solo dopo sono subentrate le commissioni. Queste storie “eterne” sono valide anche per indagare l’umanità odierna, le passioni che agitano le nostre vite, l’anelito verso il divino.
Quali artisti o movimenti artistici l’hanno maggiormente influenzata nel corso della sua carriera?
Sono onnivoro in termini di predilezioni artistiche. Ho guardato in tutte le direzioni e non mi sono precluso la conoscenza e lo studio di alcun movimento o artista. Anche i più distanti dalla mia pittura. Ho guardato molto la statuaria ellenistica e quella di Donatello, fino al primo ‘900. Mi sembra evidente, comunque, il mio debito verso la pittura barocca e tardobarocca, soprattutto napoletana, olandese, spagnola, lombarda e fiamminga. Ma anche il ‘700 veneziano, l’800 russo ed italiano. Elencare gli autori sarebbe impossibile per me. Troppi nomi. Ho subito anche le suggestioni delle altre arti, dalla musica sinfonica e sacra all’opera, dal balletto al cinema.
Può raccontarci il processo creativo dietro le sue opere più iconiche?
Tendenzialmente, per tutte le opere, la genesi inizia a livello ideale. C’è sempre un’ispirazione iniziale, una suggestione su un determinato soggetto che mi spinge ad approfondire la relativa iconografia e la storia da dipingere. Su questi elementi plasmo l’idea a livello compositivo e faccio posare modelli viventi. Di solito prediligo persone non professioniste perché hanno una spontaneità maggiore. Così abbozzo l’opera direttamente a pennello, su tela (ma anche su specchio, onice, ardesia, tavola, ecc, sperimentando moltissimo). Queste sono le prime fasi materiali di realizzazione dell’opera, per poi proseguire con il lavoro.
Come vede l’evoluzione del mercato dell’arte contemporanea, specialmente per l’arte figurativa?
Attualmente il mercato dell’arte è fortemente diversificato. Rispetto agli anni passati, c’è meno pregiudizio critico e di mercato, verso la pittura figurativa contemporanea. All’estero, francamente, ho avuto più facilità, sin dalla mia prima mostra personale, a Parigi, nel 2009, o vincendo il premio dell’UNESCO, a Houston, con l’opera Casti connubii. Partecipai con un dipinto smaccatamente figurativo.
Credo che questo processo non sia destinato ad esaurirsi, nonostante un sistema corazzato che spinge verso altre forme d’arte (performance, installazioni, fotografia, video arte, ecc). I collezionisti sono stanchi di forme manierate d’arte che ormai hanno perso anche la forza provocatrice che avevano negli anni ’70. Oggi quelle tendenze appaiono come un manierismo stanco. La pittura, invece, continua a parlare a tutti ed è lingua viva. Gode di ottima salute. I critici più onesti intellettualmente lo evidenziano apertamente.
Qual è il ruolo della tradizione nella sua pratica artistica e come si bilancia con l’innovazione?
La tradizione è il binario su cui ho sempre inteso muovermi ma non in modo sterile. Sarebbe ingiustificabile riproporre pedissequamente stile, soggetti e composizioni del passato. Ritengo abbia più senso fare propri questi assunti per riattualizzarli e riproporli, in veste nuova, nel tempo in cui vivo. È un equilibrio molto precario, ci si muove su una linea di confine labile. È facilissimo sconfinare nella copia dell’antico o nella banalizzazione, come nella bieca provocazione che pretende di scardinare i codici del passato per apparire ostentatamente “contemporanei”. Penso che Tiepolo e Sebastiano Ricci seppero riattualizzare Veronese nel XVIII secolo, innovando ed essendo figli del proprio tempo. Esempio che si potrebbe fare per tutti i più grandi autori, paradossalmente anche per i geni che hanno segnato un cambio di rotta nel proprio secolo. Non comprendo perché non si possa fare anche oggi.
Ha realizzato numerose mostre personali e collettive. Qual è stata l’esperienza espositiva che ricorda con più affetto?
Non riuscirei ad individuare una mostra in particolare. Tutte hanno segnato un punto di approdo del mio percorso creativo e di vita, concetto che vale anche per le mie opere. Come esperienza unica nel suo genere, però, potrei citare il Palio di Siena e la mostra che mi è stata dedicata in città a Palazzo Pubblico, Palazzo Sansedoni e nell’Insigne Collegiata di Santa Maria in Provenzano, in quanto autore del drappellone. Onore riservato ai più grandi pittori internazionali, dal secondo ‘900. Il dipinto è diventato oggetto vivo nella città, nel Palio. Nulla di paragonabile avviene nelle mostre e nei musei. Poi mi ha sempre emozionato enormemente esporre accanto ai grandi autori del passato, ed ho avuto il privilegio di vedere accostati i miei dipinti a quelli di Pinturicchio, Mattia Preti, Guido Reni, Carlo Crivelli, Corrado Giaquinto, Ribera, Boccioni, Casorati, Morbelli, Bernardo Cavallino, ecc.
Quali sono i suoi prossimi progetti in programma o a cui sta lavorando?
A breve, le mie scenografie per la Tosca di Puccini ideate per il Teatro Coccia di Novara, approderanno al teatro di Sassari. Ad ottobre inauguro una mia opera per la monumentale Minoritenkirche di Vienna ed un’altra per un santuario nella mia Puglia. Sono a lavoro per diverse mostre collettive e personali anche in Italia, di cui, però, non posso svelare ancora nulla sino all’ufficializzazione. Ovviamente sto lavorando a molte nuove opere, anche monumentali, per privati e collezioni pubbliche.
Cosa consiglia ai giovani artisti emergenti che desiderano fare della pittura la loro carriera?
Credo che l’unico consiglio saggio possa essere quello di avere un approccio serio e metodico verso l’arte e di non vivere l’assillo di proporsi in modo autoreferenziale, pur di emergere. Assisto quotidianamente ai tentativi di provetti artisti che osano la scalata facile per far carriera e cercano anche di coinvolgermi, per perorare la loro causa, in gallerie, musei e con gli storici dell’arte di fama che hanno scritto della mia pittura. Credo sia il modo peggiore di fare arte. Suggerisco sempre di rifiutare persino di esporre sino a quando non si possieda un corpus di opere che abbia una qualche valenza di pensiero e siano proponibili formalmente.
Non basta un dipinto ben fatto per atteggiarsi ad artista. L’arte è molto altro e non bisogna avere fretta. D’altronde, è un approccio che vale per ogni ambito.
Per le immagini si ringraziano l’Archivio Luciano e Marco Pedicini.
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