Michelangelo Iossa, classe 1974, è una delle voci più autorevoli nel panorama giornalistico e letterario italiano. Giornalista, scrittore e docente universitario, vanta una carriera trentennale che lo ha visto collaborare con alcune delle testate più prestigiose del Paese, tra cui il Corriere della Sera e il Corriere del Mezzogiorno. Il suo lavoro spazia dal reportage culturale alla divulgazione storica, passando per biografie di icone musicali come Michael Jackson, Pino Daniele e i Beatles, di cui è considerato uno dei maggiori biografi italiani.
Docente presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli dal 1999, Iossa ha saputo unire il rigore accademico alla capacità di raccontare storie che emozionano e ispirano. Premiato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’editoria nel 2004 e insignito del Premio giornalismo musicale nel 2016, è particolarmente noto per le sue biografie dedicate a icone della musica. Tra i suoi lavori più apprezzati figurano Rino Gaetano. Sotto un cielo sempre più blu, che esplora la vita e il lascito dell’indimenticabile cantautore, e Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica, un tributo all’artista che ha cambiato il panorama musicale globale. Inoltre, è riconosciuto come uno dei più importanti biografi italiani dei Beatles, avendo pubblicato opere come Gli ultimi giorni di Lennon e Love. Le canzoni d’amore dei Beatles.
La sua scrittura, precisa e coinvolgente, trova nella moda italiana un nuovo capitolo da esplorare. Con il suo ultimo libro, Storia della Moda Italiana. Tessuti, riti e miti dal Rinascimento a Valentino, Iossa dimostra ancora una volta la sua capacità di trasformare un settore in un affresco culturale, raccontando con passione e profondità il valore universale della creatività Made in Italy.
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Intervista a Michelangelo Iossa: scrittore, biografo e giornalista, narratore delle grandi storie d’eccellenza
Michelangelo Iossa ci accompagna in un viaggio affascinante attraverso i migliori libri italiani, storie, miti e personaggi che hanno segnato l’eccellenza: ecco cosa ci ha raccontato nell’intervista per Iex-Italian’s Excellence.
1. Dalle biografie dei Beatles ai grandi volti della cultura italiana: come scegli i protagonisti delle tue opere e quali elementi ti spingono a raccontare le loro storie?
Ogni libro svela una piccola grande storia dietro di sé, ma certamente la nascita di ogni volume è frutto di un confronto/dialogo tra editore e autore o tra responsabile editoriale e autore. Nel caso delle grandi biografie musicali che ho scritto – Beatles, Michael Jackson, Paul McCartney, Harry Styles o Rino Gaetano, ad esempio – nella maggior parte dei casi la proposta prendeva le mosse da una intuizione o da una suggestione dell’editore, che poi ha preso progressivamente forma, assumendo una sua fisionomia dopo un costante dialogo con me.
Nel caso de “La Rai a Napoli” o de “Il Giro del Mondo in 40 Napoli”, invece, i libri nascevano da precedenti reportage giornalistici realizzati per il Corriere della Sera e per il Corriere del Mezzogiorno.
“Swinging 60s”, “Napule è…i luoghi di Pino”, “Paul McCartney a Napoli” o “Cameriere, Champagne!…” sono frutto di riflessioni e di avventure editoriali condivise con altri autori, mentre i libri legati al fenomeno-James Bond (“007 Operazione Suono” o “Fleming / Luciano”, ad esempio) nascono da miei personali progetti editoriali, come accaduto anche con il recente “Storia della Moda italiana”.
A ben vedere, ogni libro è un piccolo grande ‘cantiere’ o un terreno da coltivare, governare e curare. Lo scrittore lascia sempre un suo personale segno, proprio come il solco di un agricoltore. Non è un caso che nell’arco di un anno possa accadere che escano due miei diversi volumi: sono il frutto di differenti ‘colture’, di cantieri letterari aperti in anni differenti e che necessitano di tempi di ‘governance’ differenti!
2. Nel tuo lavoro emerge spesso il rapporto tra musica e parole. Qual è, secondo te, il legame più profondo tra queste due arti?
È un legame intimo, profondissimo. Alcuni esempi: l’opera omerica si apre con il verso “Cantami, o diva…” e lui stesso declamava i suoi versi cantandoli, da aedo supremo quale era; Dante Alighieri suddivise la sua Commedia in “Canti”; la “Chanson de Roland” è, appunto, un canto ampio e appassionante; Bob Dylan ha ricevuto un meritatissimo premio Nobel per la Letteratura. La parola è musica, senza alcun dubbio, e la musica è linguaggio.
Nel XVIII secolo, pochi anni dopo le pubblicazioni di Eulero sulla teoria del ‘temperamento’, Jean-Jacques Rousseau diede alle stampe un piccolo saggio dal titolo “Essai sur l’origine des langues”. Nel suo testo, il filosofo e musicista di Ginevra ipotizzava che la musica fosse in origine “una formalizzazione degli andamenti melodici del linguaggio umano, una lingua più fondamentale di quelle legate alla semantica”.
In conclusione, potremmo affermare che la musica proverrebbe dalla prosodia: è un nuovo ed entusiasmante punto di vista che ci permette di analizzare il legame tra la musica e la parola. Tutta la nostra vita è, in effetti, un gigantesco pentagramma, una agorà di linguaggi sonori e musicali di impareggiabile forza.
3. Molti dei tuoi libri celebrano figure che hanno fatto la storia. Cosa cerchi di restituire al lettore attraverso le tue biografie? La verità dell’uomo o l’immortalità del mito?
Quando ho dovuto raccontare personaggi dalla indubbia complessità – come John Lennon, Rino Gaetano o Ian Fleming, ad esempio – non potevo non tener conto dei tanti piani di lettura che si celavano dentro e dietro le loro esistenze. Eppure, l’elemento che mi ha sempre guidato nel processo narrativo è “l’impatto” che le loro vite hanno avuto sulle grandi platee.
In tal senso, mi viene in mente una frase dello scrittore e disegnatore argentino Roberto Fontanarrosa in ricordo di Maradona: “Non mi importa cosa Diego abbia fatto della sua vita; mi interessa ciò che ha fatto alla mia”. È una interessante ‘bussola’ di riferimento, se ci pensiamo attentamente, ed è applicabile a Lennon o a Picasso, a Caravaggio o a Churchill, a Giulio Cesare o a Versace.
4. Il tuo percorso ti ha portato a essere non solo scrittore, ma anche giornalista e docente. Come riesci a mantenere un equilibrio tra divulgazione, scrittura e insegnamento?
Ho avuto la grande fortuna di dare avvio al mio percorso di giornalista nella tarda adolescenza, intorno ai diciannove anni. Dividevo il mio tempo tra lo studio universitario e il giornalismo: questo ‘bilanciamento’ tra elementi differenti ha poi trovato altre forme nel corso degli anni, soprattutto quando l’insegnamento universitario ha fatto capolino nella mia vita, nel 1999, subito dopo essermi laureato. Quattro anni più tardi, nel 2003, ho scritto il mio primo libro e – nel frattempo – il giornalismo, l’attività di ufficio stampa e l’insegnamento avevano già ampiamente trovato i loro spazi nelle mie giornate.
L’ultimo mio libro – “Storia della Moda italiana” – rappresenta una interessante sintesi tra i miei ambiti professionali: questo volume è nato pensando proprio alle giovani generazioni, agli studenti universitari, ed è concepito con uno stile che si colloca a metà strada tra la saggistica, il giornalismo di moda e la divulgazione della cultura popolare del Novecento. In tal senso, è un ‘cugino’ letterario italiano del recente “Swinging 60s”, scritto con il critico cinematografico Franco Dassisti.
5. Parliamo di eccellenza italiana: quale pensi sia oggi la responsabilità di scrittori e giornalisti nel raccontare e valorizzare il talento e la creatività del nostro Paese?
L’Italia è il supremo laboratorio dell’incontro tra culture, popoli, arti, mestieri, talenti, corporazioni e regionalismi. È un Paese dalla complessità innegabile, un luogo geografico che è anche luogo del cuore; per questo motivo, raccontare l’Italia è una gioia ma anche una responsabilità. È giusto che il giornalismo e l’opinione facciano i conti con questo elemento.
Longevità diffusa, clima equilibrato, cibi leggendari, amorevolezza e protezione familiare persistenti nel tempo, beni architettonici, paesaggistici e museali impareggiabili, stile e moda di innegabile valore e storia millenaria sono i primi elementi che estimatori, viaggiatori, intellettuali, turisti – e anche molti Italiani – amano della “Penisola delle meraviglie”. L’Italia è un luogo-simbolo della Storia del mondo antico e della contemporaneità, un topos della pop-culture internazionale.
“Al mondo esistono due tipi di persone: gli Italiani e tutti quelli che vorrebbero essere Italiani”. È una battuta molto diffusa negli Stati Uniti d’America e che nasconde una verità: in moltissimi Paesi del mondo, a differenti latitudini, in diversi contesti economici, sociali, ambientali, climatici e culturali, milioni di abitanti del pianeta Terra ritengono che essere Italiani sia una fortuna, un dono, un sogno. Anzi, di più: Il Sogno.
6. Hai raccontato artisti, musicisti e personalità che hanno cambiato il loro tempo. C’è un personaggio che non hai ancora narrato ma che sogni di raccontare?
Da molti anni sogno di scrivere un volume su Domenico Modugno, il ‘Mimmo Nazionale’. È stato il più grande cantautore e performer che l’Italia abbia avuto e spesso la sua straordinaria grandezza viene dimenticata.
7. La tua scrittura affonda le radici nella cultura pop e nella tradizione giornalistica: come si è evoluto il tuo stile nel corso degli anni e quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
Ho iniziato nei primissimi anni Novanta, quando i cellulari non esistevano e le correzioni delle bozze dei giornali prevedevano sempre un processo visivo/manuale in cui l’uomo era decisamente protagonista. La mia prima caporedattrice – Annamaria Ghedina – mi suggerì, nella prima riunione di redazione, di evitare frasi preconfezionate come “Nella splendida cornice” e di scendere in strada con un taccuino per “cercare le notizie”. Naturalmente, da diciannovenne non riuscivo a comprendere ciò che mi proponeva, ma devo ammettere che quei consigli hanno generato una ‘tensione’ verso una scrittura che potesse evolversi nel tempo, che non si accontentasse di uno status quo.
La cultura digitale dell’ultimo ventennio ha modificato ritmi e narrazione, ha imposto una velocità nuova. Da un lato, si tratta di una sfida interessantissima; dall’altro, il rischio è la superficialità e l’omologazione dei linguaggi, naturalmente.
8. Come docente e autore di successo, quale consiglio daresti a un giovane scrittore o giornalista che desidera lasciare il proprio segno in questo campo?
Per scrivere bene è necessario leggere bene: oltre alla scrittura creativa bisognerebbe puntare ad una lettura creativa. Leggere i migliori giornalisti – di ogni ambito e di ogni orientamento d’opinione – e leggere i libri/reportage delle ‘penne a sfera’ più autorevoli del mondo è sempre un ottimo esercizio di crescita e di espansione della creatività: aiuta a comprendere i nostri limiti in termini di narrazione e stile e ci permette di comprendere se e quando possiamo spingerci più in là, per trovare una nostra voce.
9. Nei festival e negli incontri con il pubblico, la tua capacità di dialogo è palpabile. Cosa significa per te avere un contatto diretto con i lettori e condividere con loro il tuo lavoro?
È uno degli aspetti più belli e importanti legati alla mia attività di scrittore e giornalista: è quasi una ‘estensione’ dei libri, degli articoli e dei reportage. In certi casi, è una “riscoperta” del tuo stesso percorso di scrittore e giornalista. Mi ha molto emozionato, ad esempio, incontrare i lettori canadesi e italo-canadesi in occasione di un mio recente tour letterario intitolato “For the Love of Italian Literature”, che ha toccato le città di Winnipeg e Vancouver. Una visione “altra da te”, proveniente dal pubblico, ti permette di ritrovare aspetti che emergono dal tuo stesso lavoro e che non immaginavi potessero arrivare così fortemente al pubblico.
10. Guardando al futuro, quali progetti hai in serbo e quali nuovi temi vorresti esplorare nei tuoi prossimi libri?
C’è un progetto che è nel mio cuore e nella mia mente da molti anni: sarei felice di scrivere un romanzo e, in particolare, immagino da tempo una spy-story, a cui ho già dato fisionomia, luoghi e personaggi. Sono pronto per iniziare a scrivere il mio primo romanzo e spero che il 2025 possa essere l’anno giusto!
Photo/credit: Riccardo Piccirillo