This post is also available in: EnglishEspañol
“Il prosciutto è democristiano”. Le parole di Francesco Nuti nel suo film del 1988, “Caruso Pascoski”, esprimono bene, attraverso una metafora politica, la caratteristica principale del salume più amato di sempre. Il prosciutto è democristiano perché piace a tutti, escludendo ovviamente vegetariani e vegani.
Il crudo accontenta tutti i palati, da quello più raffinato a quello più semplice. Una pietanza versatile che può essere utilizzato per preparare costosissimi antipasti o panini improvvisati. Per tutti i gusti e per tutte le tasche, il prosciutto crudo ha saputo mantenere negli anni un posto fisso tra le eccellenze italiane.
Prosciutti crudi italiani: storia di una paziente stagionatura
Per ottenere quella consistenza inconfondibile, quel profumo caratteristico, quel colore di rubino prezioso c’è bisogno di un duro lavoro. Dietro ogni eccellente prosciutto crudo ci sono scelte precise e tanta pazienza. Ma quando e come nasce il prosciutto? Già nell’antica Grecia era diffusa l’abitudine di essiccare e salare la carne degli animali per conservarla più a lungo. In alcuni testi di Marco Porcio Catone, scrittore latino della Roma che fu, sono descritte le diverse tecniche di lavorazione della coscia di maiale, la parte più pregiata dell’animale di cui ancora oggi “non si butta via niente”. Il suino pesante italiano è, ancora oggi, quello in grado di fornire la carne migliore da destinare poi al prosciutto crudo, garantendo quindi la massima qualità dei prosciutti italiani. Così, nel corso dei secoli, i diversi territori regionali si sono specializzati nella produzione di prosciutti italiani tipici, attraverso l’accurata selezione dei maiali più sani e robusti, la riduzione dei grassi, del sale e dei nitrati, fino a sfiorare l’incontro perfetto tra gusto e caratteristiche organolettiche (dolcezza, sapidità, aroma). Nulla di artificiale, di chimico, di industriale, solo tradizione. Carne, sale, pepe, un po’ di grasso dello stesso maiale, un po’ di farina e l’ingrediente principale: il tempo. Dopo 18-24 mesi di attesa arriva il momento più delicato, la saggiatura: un esperto infila in ogni prosciutto un ago d’osso in alcuni punti ben precisi, e lo annusa. È il momento della verità: quel rosso salume potrebbe essere una completa delusione oppure un buonissimo prosciutto.
I migliori prosciutti italiani: la tradizione incoronata dall’eccellenza
Il prosciutto crudo deve provenire da suini allevati e macellati in una delle 11 Regioni Italiane autorizzate: Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto. In Italia i crudi che vantano il marchio DOP o IGP sono tanti, ma è possibile stilare una lista dei prosciutti italiani più famosi:
PROSCIUTTO DI CINTA SENESE
Gli etruschi lo capirono prima di tutti: quei maialini neri, dalle setole poco folte con quella particolarissima fascia bianca-rosata intorno al corpo (la cinta appunto), avrebbero regalato grandi gioie al palato. Oggi i suini toscani forniscono la materia prima per un ottimo prosciutto, aromatizzato con la tipica “agliata” alla senese e stagionato tra le mura dei borghi antichi.
VALLÉE D’AOSTE JAMBON DE BOSSES DOP
Riconoscibile dal piedino inclinato di almeno 30°, come quello delle donne con la veletta che baciano i loro eleganti maschi nei film in bianco e nero. Il maschio da baciare con le papille gustative è, in questo caso, uno dei migliori prosciutti italiani, prodotto nel territorio del comune di Saint-Rhémy-enBosses, ad una altezza di circa 1.600 metri s.l.m., nella regione Valle d’Aosta. La stagionatura avviene ancora in maniera tradizionale: tra il fieno dei rascards (costruzioni in legno tipiche degli alpeggi).
PROSCIUTTO AMATRICIANO IGP
“Non ho denaro, pago col prosciutto”. I gabellieri che si presentavano a riscuotere le tasse per conto dei feudatari nel territorio di Rieti sentivano spesso pronunciare questa frase. E a giudicare dalla nomea che questo affettato si è guadagnato negli anni, il cambio di valuta era decisamente vantaggioso. Profumo intenso e colore rosso cangiante per la “moneta” più buona della Storia italiana.
PROSCIUTTO DI CARPEGNA DOP
Un prosciutto campanilista, lavorato e stagionato rigorosamente nel comune di Carpegna, nelle Marche. Nudo e crudo, è proprio il caso di dirlo: zero additivi e una forma tondeggiante chiamata “addobbo”. Al taglio si presenta perfettamente bicolore: da una parte il rosa salmone della carne, dall’altro il bianchissimo grasso. Si scioglie in bocca, e non è un modo di dire.
PROSCIUTTO DI MODENA DOP
In questo salume è possibile leggere la storia di tutta la terra emiliana: ogni popolo che ha dominato Modena ha lasciato la sua impronta nella tecnica di produzione di uno dei prosciutti italiani più famosi. Carne pregiatissima, i cui scarti vengono usati per riempire un altro famosissimo prodotto del territorio emiliano: i tortellini.
PROSCIUTTO DI NORCIA
Un prosciutto dalla forma a pera con un forte aroma di pepe. La prelibatezza perugina stuzzicò il palato di Catone il censore che ne fece una vera e propria recensione in epoca romana. Da questo prodotto tipico del territorio deriva il termine “norcineria” per indicare una bottega in cui, appunto, vengono lavorati e conservati i salumi.
PROSCIUTTO DI PARMA DOP
Non si può parlare dei prosciutti tipici italiani senza citare il simbolo dell’eccellenza parmense nel mondo. Pubblicizzazione e tutela del marchio sono le parole d’ordine. La corona ducale a 5 punte è il simbolo dell’originalità e la garanzia di una rigidissima qualità. Nulla sfugge al controllo dei continui test che assicurano in ogni momento la rinomata bontà del prosciutto italiano più famoso.
PROSCIUTTO DI SAN DANIELE DOP
Tra le Alpi e l’Adriatico, qui nasce il prosciutto numero uno del Friuli Venezia Giulia. Annoverato tra i prosciutti italiani famosi, presenta una forma schiacciata “a chitarra” ed è uno tra i più morbidi e dolci. Una curiosità: è il più amato dal clero: durante il Concilio di Trento il patriarca di Aquileia inviò ai suoi prelati 12 prosciutti di San Daniele e i dogi ne andavano pazzi. Sarà per il nome?
PROSCIUTTO DI SAURIS IGP
Prodotto nell’omonimo comune in provincia di Udine, ha un profumo delicatissimo a dispetto del gusto lievemente affumicato. Molto particolari i colori della cotenna: le sfumature di arancione, nero e oro si mischiano come in un quadro. Tramonto impressionista? No, prosciutto italiano.
PROSCIUTTO TOSCANO DOP
Qui, in terra toscana, la nobile casata dei Medici regolamentò la produzione di quello che sarebbe divenuto uno dei migliori prosciutti italiani. Una tecnica di rifilatura particolare, a forma di “V”, per facilitare la penetrazione del sale, lo distingue da tutti gli altri. Il gusto è deciso, caratterizzato da essenze ed aromi naturali tipici toscani (aglio, rosmarino, ginepro e mirto).
PROSCIUTTO VENETO BERICO-EUGANEO DOP
Uno dei prosciutti crudi italiani più delicato che riceve continui applausi da parte di critica e assaggiatori. Una bacheca piena di diplomi per il prodotto del Consorzio veneto che si affida alla qualità delle migliori carni di suino del territorio.
Prosciutto crudo: l’orgoglio della gastronomia Made in Italy
Nell’immaginario collettivo il prosciutto appare come simbolo di abbondanza: viene raffigurato sulle tavole imbandite, se ne accompagna la degustazione con corposi vini, veicola convivialità e buon umore. Se c’è una cosa che gli italiani sanno fare benissimo è proprio il prosciutto. I piccoli progressi nella tecnica non hanno tradito le millenarie tradizioni di ogni regione sull’essiccazione e la conservazione del salume più pregiato, che non si consuma subito, ma si fa attendere, come una star, come un regalo, come tutte le cose più belle. E pensare che tutto nasce dal maiale, un animale considerato sporco che ama rotolarsi nel fango, il simbolo di un comportamento scorretto e ripugnante. Eppure, come cantava l’indimenticato Fabrizio De André, “Dal letame nascono i fior”, oppure nascono prosciutti: i migliori prosciutti crudi italiani.
Leggi anche: I Migliori Vini Italiani