Più di Garibaldi, più delle guerre d’indipendenza, più dei territori riusciti a strappare dopo la seconda guerra mondiale, più della scuola, della lingua, la grande responsabile dell’Unità d’Italia, quella che davvero ha fatto gli italiani è stata la televisione! Le immagini in movimento su quella magica scatola hanno conquistato il cuore degli italiani, tirandone fuori i talenti, l’estro e contribuendo a creare quell’opinione pubblica, necessaria e spesso scomoda. La televisione italiana definisce l’identità sociale dell’uomo moderno, da oltre sessant’anni, diventando un elemento irrinunciabile del contesto tricolore. Scopriamo insieme la storia della tv italiana!
Storia della televisione: dalla radio al tubo catodico
Chi ha inventato la televisione? Di fatto questo oggetto tanto amato nasce in Scozia nel 1926: fu John Logie Baird a mettere a punto un particolare sistema di scansione meccanica, il disco di Nipkow, che permette la riproduzione dell’immagine. Nacque così l’antenato del tubo catodico. Per le prime trasmissioni tv bisognerà aspettare il 1933, anno delle prime prove tecniche in Italia: il ricevitore romano di Monte Mario diffonde il segnale in un piccolo e periferico raggio urbano.
La storia della televisione in Italia comincia dalla radio, lo strumento d’intrattenimento e d’informazione predominante nella prima parte del Novecento. Ogni casa italiana nel possedeva una e da quell’indispensabile apparecchio, nel 1924, Maria Luisa Boncopagni, conduttrice URI, poi EIAR, inaugurò il servizio di trasmissioni Rai regolare. Nel tempo nacquero tre programmi radiofonici Rai, che trasmettevano praticamente tutto, dai bollettini giornalistici alla musica leggera, dal dramma teatrale alle rubriche letterarie, scandendo la quotidianità degli italiani.
Storia della Rai: la televisione e l’alfabetizzazione degli italiani
Tutti seduti, intorno alla radio, ad immaginare il volto delle voci ascoltate, la bellezza del cantante preferito, ad associare timbri a tratti somatici sconosciuti. Un lavoro di fantasia, fino a quando, il 3 gennaio 1954, hanno inizio le trasmissioni Rai e la televisione sostituisce la radio nelle case e nei cuori degli italiani. Nel 1952 la Rai aveva acquisito i diritti esclusivi di trasmissione circolare radiotelevisiva su scala nazionale. Quello che si instaurò, fino agli anni ’70, fu un vero e proprio regime monopolista, con una varia offerta di programmi: dalle canzoni e dal sorriso di Mina a Studio Uno al talento indiscusso di Mike Bongiorno alla conduzione di Rischiatutto.
L’invenzione della televisione si inserì all’epoca in un contesto decisamente difficile: tra gli anni Cinquanta e Sessanta più di un italiano su dieci era analfabeta, per una percentuale del 12.9%. Pubblico senza una base culturale uniforme e completamente a-policizzato. Questa caratteristica allettò l’allora governo, guidato dalla DC, che decise di utilizzate la televisione in Italia come canale catalizzatore di un pubblico omogeneo, scolarizzato e politicamente consapevole. Per crearlo nacquero due programmi in particolare: il programma educativo Non è mai troppo tardi e la prima rubrica politica Tribuna elettorale (1960).
La tv degli anni 60, però, non ha solo un intento pedagogico. All’epoca è già fortemente presente l’informazione, con Tg7 e Domenica Sportiva. Ampio spazio è dedicato poi all’intrattenimento e alla musica, con programmi come Lascia o Raddoppia e il FestivalBar. Sempre amati dal pubblico italiano sono stati poi gli sceneggiati: dalla radio si passa ai film in costume, gli antenati delle odierne fiction. Come dimenticare le trasposizioni televisive di grandi classici come Il Giornalino di Gian Burrasca, Belfagor, L’Osteria della posta di Goldoni. Non manca la pubblicità, condensata tutta in un programma dall’enorme successo, Carosello.
Duopolio televisivo: Rai e Mediaset
E siamo giunti così agli anni Settanta e Ottanta, con la grande riforma spartiacque del 14 aprile 1975: cade il monopolio della Rai e si fa strada prepotentemente la Tv privata. Nasce il flusso continuo del palinsesto: non più pochi programmi e in spazi sporadici della settimana, ma una vera e propria programmazione h24, dal mattino fino a sera, senza buchi. Una televisione sempre presente, la “neotelevisione”, diventa il perno attorno al quale ruota la società italiana. Nel 1977 arriva la grande svolta: nasce la tv a colori.
Dagli anni Ottanta e Novanta fino ai giorni nostri la storia della televisione italiana diventa la storia di un duopolio: da una parte il servizio pubblico, la Rai, dall’altra la tv privata, le reti Mediaset, l’impero televisivo creato da Silvio Berlusconi. Ogni rete ha i suoi programmi di punta, i suoi conduttori di punta, uno spazio dedicato all’informazione. Dal tubo catodico si passa al digitale terrestre e nelle case degli italiani si moltiplicano i canali di trasmissione. Ogni membro della famiglia arriva ad avere i suoi programmi preferiti, disseminati lungo la giornata. Ci si ritrova poi insieme davanti al televisore per la trasmissione regina, quella a cui di solito viene affidata la prima serata: una pellicola di successo, scelta tra i film italiani famosi, una fiction amata, un varietà ricco di ospiti nazionali e internazionali. E poi ancora i reality show, che provano a portare sullo schermo la realtà, con dubbi risultati.
Scompaiono oggi i confini tra persona e personaggio, mentre la televisione generalista, quella di Rai e Mediaset, comincia già da qualche anno a fare i conti con la concorrenza della pay TV o TV satellitare, la TV tematica, quella che trasmette proprio ciò che si desidera, nel momento esatto in cui lo si desidera. Sfuma l’attesa, sfuma il rito: non si deve più attendere per vedere il programma preferito. Tutto è lì, a portata di mano.
Si può dire che la televisione italiana abbia fatto gli italiani, contribuendo all’alfabetizzazione e alla diffusione della cultura. Da Carosello ai grandi sceneggiati, passando per i mitici quiz di Mike Bongiorno, un viaggio nella cultura televisiva italiana.
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